“Jinchi la panza e jinchila di spini”
(riempi la pancia e riempila di spine), esordivano così i nostri nonni!
I proverbi come ben sappiamo non sbagliano mai: il fico d’india è l’unico frutto di cui non si butta via nulla, si utilizzano i fiori, i frutti e le pale.
Come si sbuccia il Fico d’India?
Guanti, coltello e pinzetta o spazzola in mano, i contadini esperti sanno che per prima cosa bisogna tagliare uno strato di cladodo (pala) per raccogliere il frutto e poi privarlo dalle spine grazie a un’apposita pinzetta o a una spazzola.
Solo in questo momento il fico d’india può arrivare nel banco pronto alla vendita.
Per chi invece non è esperto basta munirsi di coltello e forchetta; poggiate il frutto appena raccolto su un piano, infilzatelo al centro con una forchetta, mentre con il coltello fate un taglio netto in entrambe le estremità senza eliminare del tutto la buccia, a questo punto incidete la “pancia” del frutto, dividete le due parti e prendete il fico d’india con le mani, staccandolo dalla buccia, pronto per essere assaporato.
Per chi volesse eliminare del tutto le spine, ma non ha praticità con gli utensili, consigliamo di riempire una tinozza con acqua fredda dove i frutti verranno immersi, in questa maniera le spine si staccheranno da sole con facilità, questo è inoltre un buon metodo per conservare il frutto a lungo termine, anche per una ventina di giorni, è una buona alternativa al frigorifero, dove il frutto rischia di perdere sapore.
Una volta svelati i trucchi per pulire il fico d’india, sveliamo delle semplici ricette per portarlo nelle nostre tavole.
Nella tradizione culinaria siciliana, il fico d’india viene utilizzato per ottenere degli ottimi sciroppi, dei gustosi gelati, delle fresche granite e delle eccellenti confetture.
La confettura è la base ideale per fare dolci, ma è allo stesso tempo l’abbinamento giusto a un piatto di formaggi, accompagnato da un buon calice di vino rosso o bianco, ma ovviamente c’è chi la preferisce a colazione su del pane tostato o aggiunta a un vasetto di yogurt greco.
Facciamo un passo indietro nel tempo, immaginiamo di vivere nell’entroterra siculo, dove le nostre nonne ci addolcivano con la mostarda di succo di fico d’india, la preparazione è alquanto semplice, dai frutti passati al setaccio si otteneva un succo che mischiato alla farina e portato a ebollizione si addensava e una volta raffreddato veniva tagliato a rombi e conservato tra le foglie di alloro.
Erano le stesse nonne che del frutto non buttavano via nulla, tanto da preparare delle cotolette fritte con le bucce, semplicemente aggiungendo uova e farina.
Oggi il fico d’india è utilizzato nella preparazione di primi piatti, sia il risotto che la pasta si sposano bene con questo frutto, tanto da donargli un gusto decisamente originale e invitante, ideale per chi ama sperimentare nuovi sapori.
Anche l’accostamento a un secondo piatto è invitante, provate i gamberi rossi con crema di fico d’india.
I fiori di questo frutto con l’aggiunta di buccia d’arancia e di finocchietto danno vita a un ottimo infuso da bere durante l’arco della giornata, sia nelle giornate estive sia in quelle invernali.
Parlando di bevande non possiamo non citare la nostra “chicca” il liquore Paesano al fico d’india, ottenuto dalla purea del frutto, con una bassa gradazione, dal gusto unico, dolce e delicato, un prodotto che rispecchia il solido legame con la nostra terra e con ciò che c’è di autentico e biologico.