Il Melograno conosciuto in botanica come Punica granatum L., appartiene alla famiglia delle Punicaceae. Il termine melograno deriva dal latino “malum” e “granatum” che letteralmente significa “mela con grani”, difatti la sua forma somiglia proprio a quella di una mela.
Erroneamente siamo abituati a indicare il frutto con il termine melograno, ma quest’ultimo per l’Accademia della Crusca indica la pianta, volendoci invece riferire al frutto dobbiamo indicarlo come melagrana. Nel sud Italia esistono alcune varianti del termine: granati (in Sicilia), granatara (in Calabria) e sita (nel Salento).
La melagrana, frutto autunnale, oggi cresce in zone dove il clima si mantiene mite. È una grossa bacca rotondeggiante, dalla buccia coriacea che si colora di rosso, rosso-arancio o giallo-arancio. Il frutto al proprio interno, contiene circa 600 semi: gli arilli, dolci e profumati, avvolti da una polpa il cui colore sfuma dal rosso al bianco.
Esistono diverse varietà di melagrana: dalle zuccherine a quelle agrodolci fino a quelle acidule. In Italia sono le prime a essere preferite.
Le origini del melograno risalgo a 5000 anni fa in Persia, contrariamente a oggi, le prime coltivazioni furono considerate “vegetazione spontanea”, le condizioni necessarie per la crescita di questo frutto, furono riscontrate in località rocciose. La pianta arrivò in Europa grazie ai Fenici.
Al melograno sono legati miti e leggende, ad accomunarli è la simbologia: è infatti fin dall’antichità, il frutto simbolo di fertilità, di abbondanza e di buon auspicio, spesso associato a divinità differenti, ad Afrodite al tempo dei greci, a Venere per i romani e alla Madonna cristiana a partire dal Medioevo. È anche legato al concetto che riporta al dualismo della vita e della morte e qualcuno ipotizza che possa essere segno di rinnovamento e rigenerazione.
Nella Magna Grecia la melagrana era utilizzata sia come medicinale, sia come tintura, inoltre la polvere degli arilli veniva aggiunta nei vini rossi durante i banchetti.
Il mito racconta che Ade, il re degli Inferi, non riuscendo a trovare una dea disposta a sposarlo, decise di rapire la dea Persefone, figlia della sorella di Demetra, quest’ultima colta dalla disperazione, si rivolse a Zeus, ma anche il re degli dei non riuscì a salvare la fanciulla dagli Inferi poiché questa aveva mangiato dei chicchi di melagrana, ignorando il fatto che chi li mangia sarà vincolato in eterno al regno dei morti.
Zeus furbamente trovò un compromesso con Ade, la bella Persefone sarebbe rimasta solo sei mesi all’anno nel regno degli Inferi, durante l’autunno e l’inverno, mentre i restanti sei mesi sarebbe rimasta sulla Terra, grazie al fatto che aveva mangiato solo sei chicchi del frutto.
Questa leggenda vuole farci cogliere il passaggio dalla vita terrena a quella ultraterrena.
Nell’antica Roma, Venere avrebbe piantato nel suo giardino un albero di melograno facendolo diventare simbolo di fertilità, da quel momento le spose dovevano intrecciare fra i capelli fiori e foglie di questa pianta per simboleggiare la ricchezza, la fertilità e il legame coniugale.
Nella cultura ebraica la melagrana simboleggia l’onestà e la correttezza, si suppone che al suo interno contenga circa 613 semi, pari al numero dei comandamenti della Torah; alcuni teologi suppongono che il frutto dell’albero della vita nel giardino dell’Eden fosse proprio questo e no la mela.
In Egitto era il frutto “medico”, simbolo di fertilità. Esistono delle raffigurazioni di melograno nelle tombe dei faraoni e nelle camere sepolcrali di Ramses IV (1149 a. C.) sono stati pervenuti alcuni frutti secchi.
Molti dei significati simbolici attribuiti nel corso dei secoli permangono ancora oggi in molti paesi del mondo.
Il melograno è stato e continua a essere un motivo ricorrente nelle decorazioni religiose cristiane: troviamo svariate raffigurazioni nei dipinti di Sandro Botticelli e Leonardo da Vinci.
La Granada dei Mori ha il melograno come simbolo e ha dato il nome alla città di Granada in Spagna.
Anche la letteratura fa riferimento a questo frutto, nel Cantico dei Cantici troviamo la pianta e il frutto, simbolo d’amore fecondo e d’intesa tra l’amato e l’amata:
[…Persino nel giardino, luogo dell’amore, fioriscono i melograni, lo sposo che cerca la sposa va a vedere se nel giardino sono sorti i germogli…]
Shakespeare scelse il fogliame di un melograno per la serenata di Romeo a Giulietta.
Gabriele D’Annunzio recita:
[…Un sorriso così fresco e vermiglio che fa pensare al dischiudersi d’un frutto di melograno…]
Giovanni Pascoli fa riferimento al melograno nella poesia “Patria”.
Per concludere non resta che citare “Pianto Antico”, la struggente poesia di Giosuè Carducci, dedicata al figlio:
[L’albero a cui tendevi la pargoletta mano, il verde melograno da’ bei vermigli fior…]