Il pistacchio dal greco Pistàkion è un albero da frutto appartenente alla famiglia delle Anacardiaceae e del genere dei Pistacia, è una pianta originaria del bacino del Mediterraneo, difatti le prime coltivazioni furono riscontrate soprattutto in Persia, in Siria e in India, dove venivano utilizzati termini diversi per indicare il frutto: pistakia, bistachion e pistakion.
La prima volta la parola “pistacchio” fu riscontrata nell’Antico Testamento, ma diversi studi hanno attribuito l’etimologia del termine alla lingua araba, la parola traslitterata diventa fristaq per indicare il frutto e frastuq per indicare la pianta. I due rispettivi termini sono ancora oggi conservati nella parlata dialettale sicula (frastuca e frastucara).
L’albero di pistacchio, raggiunge un’altezza di circa 11-12 metri, è una pianta longeva, infatti alcuni alberi vivono circa 200 anni. Il frutto invece è una drupa con un endocarpo ovale, con il guscio sottile e duro contenente il seme, chiamato per l’appunto pistacchio, ha un colore verde vivo sotto una buccia violacea.
Dalle origini comprendiamo che il pistacchio fu introdotto in Sicilia dagli arabi, la pianta di pistacchio trovò alle pendici dell’Etna le condizioni ambientali favorevoli per insediarsi nei terreni vulcanici incolti, difficilmente coltivabili perché scoscesi e ricchi di cenere.
La località più famosa in Sicilia dove il pistacchio “ha conquistato” il territorio è Bronte in provincia di Catania, il terreno concimato in modo naturale dalle ceneri del vulcano ne favorisce la produzione.
Nell’ultimo anno, anche la città di Raffadali, in provincia di Agrigento, ha ottenuto la certificazione DOP dopo anni spesi dagli agricoltori nella valorizzazione di questa pianta.
I pistacchi di Bronte, ormai da anni rinominata “la città del pistacchio”, sono facilmente riconoscibili grazie alle sfumature violacee all’esterno e al loro caratteristico colore verde smeraldo all’interno, tanto è vero che i semi iniziarono a essere chiamati “l’oro verde di Sicilia”. È facile riconoscerli rispetto a quelli coltivati nel resto del mondo poiché si differenziano per il loro gusto dolciastro oltre che per il loro aspetto.
Intorno al pistacchio, alcune comunità sicule e in particolare quella di Bronte, hanno sviluppato le proprie tradizioni e la propria ricchezza grazie al duro lavoro degli agricoltori che, di generazione in generazione, hanno tramandato la cura dei pistacchieti.
C’è chi li coltiva, chi li commercia, chi li trasforma in dolci, creme e guarnizioni varie ma la particolarità del pistacchio è che l’albero ha una produzione biennale e durante l’anno di riposo i contadini eliminano le poche gemme spuntate sui rami in modo che la pianta possa rinvigorire ed essere più ricca di frutti nella stagione successiva.
Attesa per due anni, tra la fine di agosto e l’inizio di settembre, la raccolta (rigorosamente a mano) è il momento decisivo, i paesini siculi coinvolti si svuotano, nei pistacchieti lavorano tutti: donne, vecchi e bambini.
Il prezzo del pistacchio ancora oggi è alto nel mercato, si aggira tra i 30 e i 50 euro al chilo all’ingrosso, per arrivare a 100 euro al dettaglio. Da questo si evince il perché della denominazione “oro verde di Sicilia”. In un anno di buona produzione si raccolgono dai 4 ai 4,5 milioni di pistacchi e sono quasi 4 mila gli ettari di terra occupati dai pistacchieti.
Possiamo infine fare una panoramica della produzione italiana e mondiale di pistacchio. L’Italia è passata da una produzione di 2.400 tonnellate nel 2005 a 2.850 tonnellate del 2012, diventando il settimo produttore al mondo, al primo posto si collocano gli Stati Uniti e l’Iran, seguiti da Turchia, Siria, Grecia e Tunisia.